Sicuramente tutti hanno sentito parlare di Keith Haring e/o si sono imbattuti almeno una volta nella vita in una delle sue tantissime opere utilizzate nella pubblicità ma anche nel settore dei gadget e della moda, pioniere della street art e protagonista dell’arte pop dell’arte ottanta. Le sue opere hanno addirittura fatto da sfondo alla mia tesina presentata all’esame di maturità ormai molti molti anni fa!

Pisa e Keith Haring

L’artista statunitense è nato nel 1958 e morto in giovane età nel 1990, ma non tutti sanno che la sua figura è stata legata anche alla città di Pisa dove ha realizzato un’opera straordinaria.

Keith Haring in mostra a Pisa Palazzo Blu - immagine 196
Keith Haring

Proprio a Pisa ho visitato una mostra molto bella dedicata al writer e pittore statunitense, svoltasi a Palazzo Blu, dove si trovano più di 170 opere provenienti dalla Nakamura Keith Haring Collection, la collezione personale di Kazuo Nakamura, curata da Kaoru Yanase, Chief Curator della Nakamura Keith Haring Collection, realizzata dalla Fondazione Pisa in collaborazione con MondoMostre. Palazzo Blu ospita mostre temporanee oltre a interessanti esposizioni permanenti, una tappa imperdibile in una visita alla città di Pisa insieme a tante altri luoghi e monumenti come raccontato nell’articolo Pisa: cosa vedere.

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La mostra è stata davvero molto stimolante, vedere davanti ai propri occhi opere tanto famose con le sue immagini e simbologia tanto caratteristica, gli uomini stilizzati, i dischi volanti, angeli, extraterrestri, il cane che abbaia…è stato emozionante e approfondire la vita di Keith Haring dal percorso artistico così sorprendente mi ha incuriosito davvero ma allo stesso tempo intristito per la sua morte avvenuta in età così giovane. Le sue ultime opere, che sono espressione dell’ultimo periodo della sua vita, della scoperta e convivenza con la malattia, mi hanno toccato molto. Ma andiamo con ordine.

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Già da bambino, Keith Haring si scoprì molto portato per il disegno, interessato al mondo dei fumetti, si iscrisse alla scuola d’arte dove frequentò un corso di grafica pubblicitaria che abbandonò ben presto. Fu un periodo complesso in cui talvolta consumava droga e alcool insieme a compagnie sbagliate e si dedicava ad attività lavorative temporanee, continuando però allo stesso tempo ad approfondire l’interesse per il mondo dell’arte.

Conobbe molti altri artisti che si dividevano la scena alla fine degli anni settanta, tra cui Pierre Alechinsky e Jean-Michel Basquiat e, quando organizzò la sua prima mostra personale nel 1978, riscosse un grande successo.

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Si trasferì a New York, dove frequentò la School of Visual Art (SVA), senza tuttavia riuscire a concludere i propri studi. Nel giugno 1980 Keith Haring venne invitato a partecipare al Times Square Show, la prima mostra dedicata all’arte underground statunitense dove conobbe numerosi esponenti della street art, tra cui Lee Quinones, Fab Five Freddy e Futura 2000.

La scena urbana della città, i graffiti della sua metropolitana, furono per lui fonte di ispirazione e Keith Haring cominciò a lavorare, velocemente per non farsi scoprire dagli agenti di polizia, con il gesso bianco sulla carta nera usata per coprire i pannelli pubblicitari. Emersero già i suoi simboli, bambini, animali, il cane che abbaia, i televisori, per esprimere in modo semplice concetti universali come nascita, amore, morte, in un linguaggio visivo che fosse chiaro e comprensibile.

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Cominciò presto a utilizzare anche colori fluorescenti che risplendevano sotto la luce nera e ad attivare molti laboratori per bambini, per i quali pubblicò anche diversi libri.

Nel frattempo Keith Haring iniziò a riscuotere sempre più successo e a farsi conoscere anche in Europa dove realizzò diverse esposizioni, tra Francia, Italia e Gran Bretagna. La sua mostra personale dell’ottobre 1982, realizzata con la collaborazione del gallerista Tony Shafrazi, fu frequentata da Roy Lichtenstein, Robert Rauschenberg, Francesco Clemente, Sol LeWitt e Richard Serra.

Nell’aprile 1986 a New York, nel quartiere di SoHo, fu inaugurato il Pop Shop in cui vendere gadget ritraenti le opere dell’artista che perseguiva un modello di arte che fosse immediatamente fruibile per tutti. Nel frattempo Keith Haring si dimostrò sempre più sensibile al tema dell’AIDS, purtroppo contratto da diversi suoi conoscenti, molti dei quali già portati alla morte, realizzando opere destinate a sensibilizzare su questo argomento.

Dedicò numerosi poster dedicati ad altre tematiche forti e scottanti, come i diritti e l’emancipazione degli omosessuali, il razzismo, la lotta all’apartheid, la guerra, sempre mantenendo il suo stile stilizzato, bidimensionale e provocatorio. Molte delle sue opere furono dedicate ad organizzazioni di beneficienza, ospedali e orfanotrofi.

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A Keith Haring venne presto diagnosticata la positività all’ AIDS, a seguito della quale, collaborando con lo scrittore beat William Burroughs, dette vita alle opere di Apocalypse caratterizzate da provocazioni, satira e tematiche forti. Ho trovato le immagini di questa serie estremamente evocative, a tratti disturbanti, se l’artista voleva trasmettere allo spettatore la sua disperazione, posso confermare che è riuscito nell’intento.

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Torniamo al 1987, quando Keith Haring incontrò a New York lo studente Piergiorgio Castellani che gli propose di realizzare una grande opera in Italia, ed è a questo punto che rientriamo a Pisa, dove fu scelta la parete del Convento di Sant’Antonio per realizzare il murale Tuttomondo, inaugurato il 20 giugno 1989 su una superficie di 180 metri quadri. Nell’opera si ritrovano tutti i simboli ricorrenti di Keith Haring, angeli, cani che abbaiano, uomini stilizzati, cuori…Tuttomondo è considerato il suo testamento artistico.

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Sempre nel 1989, fondò la Keith Haring Foundation per continuare la lotta contro l’AIDS e il sostegno alle organizzazioni umanitarie a favore dei bambini e nel 1990, un mese prima di morire, pubblicò la sua ultima edizione su carta, un portfolio di diciassette serigrafie raffiguranti i lati più oscuri della società. Il 16 febbraio 1990 Keith Haring morì a New York a causa delle complicanze legate all’AIDS.

Qui si conclude la vita dell’artista e allo stesso tempo anche la bella mostra a cui abbiamo avuto la fortuna di assistere, in una città dove il testamento di Keith Haring rimane sempre all’aperto, visibile da tutti e per tutti.

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Conoscevi la biografia di Keith Haring? Hai mai visto una delle sue opere? Quale è l’artista del Novecento che apprezzi di più? Fammelo sapere nei commenti!

Author

Nata a Pisa nel 1990, nella stessa città mi sono laureata in Studi Internazionali e attualmente vivo, lavoro e ho sposato Dario. Amo i giochi da tavolo con gli amici, leggere, scrivere, cucinare piatti etnici, oltre che viaggiare, vicino e lontano: la mia più grande passione.

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