Mi è capitato di visitare una bella mostra allestita a Palazzo Blu di Pisa dove sono state esposte numerose opere provenienti dal Philadelphia Museum of Art, uno dei più antichi musei di arte pubblici degli Stati Uniti fondato nel 1876. La collezione del Museo americano è costituita da più di 240.000 opere d’arte che abbracciano oltre duemila anni di storia, ma la parte esposta a Pisa riguardava un periodo più breve e più recente, indicativamente dall’inizio del Novecento fino alla conclusione della seconda guerra mondiale. Il Philadelphia Museum of Art è infatti una delle mete più importanti al mondo nell’ambito del cubismo, del surrealismo e dell’arte astratta.

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La mostra è stata quindi un interessante viaggio in un arco di tempo importante iniziato in una Francia in piena Belle Epoque dove a una relativa stabilità politica si era associata una sostenuta crescita economica, un terreno fertile per lo sviluppo di nuove espressioni artistiche e culturali, passando per lo scoppio della prima guerra mondiale, il primo dopoguerra e lo scoppio della seconda guerra mondiale, mostrando come la storia contemporanea abbia influenzato le opere degli artisti.

La Belle Epoque

Cominciamo con la Cesta di Pesci di Braque (1910) dove si evidenzia un primo stile cubista in stretto rapporto con Picasso del quale è presente anche un autoritratto all’inizio della mostra, si evidenzia già una frammentazione della realtà su piani diversi, ma è la cosiddetta Gioconda cubista, come viene definita L’ora del tè (donna col cucchiaio) di Metzinger (1911) che raffigura, senza dettagli accessori e con uso raffinato della luce, un nuovo modo di fare arte.

Negli ultimi anni che precedono la guerra, anche Marcel Duchamp sperimenta il cubismo e, anticipando surrealismo e pop art, trasforma oggetti di uso comune in opere d’arte, come per esempio la Macinatrice di cioccolato (1913) per una “pittura di precisione”, oggettiva e impersonale, prefigurando le sue future opere “readymades” e le provocazione a partire dagli oggetti di fabbricazione industriale.

Le Avanguardie artistiche, da Philadelphia a Pisa - immagine 179

La prima guerra mondiale

Mentre nella vibrante atmosfera parigina si affacciano anche artisti come Picasso, Gris, Picabia e artisti di origine ebrea dall’Europa orientale come Chagall o Lipchitz, i venti di guerra investono il vecchio continente e il fronte francese si infiamma per una guerra sanguinosa che miete vittime anche tra gli artisti: Masson viene gravemente ferito e Duchamp-Villon muore. L’arte riflette ancora una volta il contesto storico: i toni e le ombre della Lampada di Gris (1916) sono specchio della drammaticità del momento, mentre La Natura morta con scacchiera, bicchiere e piatto di Juan Gris (1917) richiama il campo di battaglia, con i contrasti cromatici, geometrici e dei materiali.

Dall’altra parte, artisti come Marc Chagall preferiscono trovare conforto, stabilità e consolazione in attività, eventi e rituali immutati da secoli come per esempio la festività ebraica di Purim che commemora la liberazione del popolo dalle persecuzioni del re persiano Assuero.

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Agli eventi sconvolgenti e tragici che accompagnano la guerra mondiale si aggiunge lo scoppio della Rivoluzione russa le cui conseguenze caratterizzeranno i decenni a venire e alla quale molti artisti rivolgono inizialmente aspettative e speranze. Ne sono un esempio le opere contemporanee di Léger che esaltano operai e lavoratori in un “cubismo “industriale”.

Il primo dopoguerra

Gli anni Venti

Il primo dopoguerra è caratterizzato da una ripresa lenta e difficile, dove le tensioni sono ancora accese per cui l’arte si volge verso l’esplorazione di mondi nuovi, per un astrattismo che mira all’essenziale con le geometrie colorate di Vasily Kandinsky e i suoi Cerchi nel cerchio (1923). Il Bauhaus tedesco promosso dall’architetto Walter Gropius mira al rigore geometrico attirando artisti come Paul Klee, Lyonel Feininger e Alexey Jawlensky finché l’ascesa al potere del nazionalsocialismo non vi pone fine.

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Da una parte l’astrattismo, dall’altra la semplicità del ritorno all’ordine, alle linee pure ispirate agli affreschi trecenteschi senza sfumature né prospettive, come Paesaggio animato di Leger che raffigura lui stesso insieme al gallerista Rosenberg.

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Il bisogno di semplicità, armonia, il ritorno a linee pure e pulite caratterizza anche le opere dell’artista francese Marie Laurencin che, per esempio, con l’opera Leda e il cigno (1923) riprende il mito greco, ma anche le fiabe con la sua attività di illustratrice di teatro e balletto. 

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La ricerca di nuovi scenari e nuovi territori porta anche a esplorare il mondo del circo e della magia, per esempio da parte di Klee e Mirò, e alle prime espressioni del surrealismo da parte di Max Ernst. Con il Prestigiatore (1927), Klee mette in relazione forme e colori in modo libero intorno a una figura centrale, tra gioco e  fantasia, mentre con la Pittura (Fratellini) (1927) Mirò si ispira alle esibizioni dei clown Fratellini nel Circo Medrano a Parigi, cercando rifugio in un mondo libero e giocoso quando nuove drammatiche sfide stanno per riguardare l’Europa.

Continua parallelamente per tutti gli anni Venti la necessità di un ritorno all’ordine che si alterna all’astrattismo, rivisitando la tradizione classica ma anche proponendo figure semplici, intime e luminose come nel caso delle opere della maturità di Henri Matisse ispirate all’arredamento delle case e ai caldi e luminosi colori mediterranei, comunicando un desiderio di pace e serenità. Ho apprezzato moltissimo l’affascinante Donna seduta in poltrona (1920) circondata dai colori vivaci e solari dell’Hotel de la Mediterranée di Nizza e la Natura morta su una tavola (1925) che mi hanno trasmesso un senso di calore e tranquillità.

Come già scritto, Ernst prova invece a cercare soluzioni espressive innovative come per esempio nella Conchiglia (1928) nella quale sfrutta la tecnica del grottage collocando un oggetto ruvido sotto la tela dipinta a olio per raschiare successivamente la superficie.

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Gli anni Trenta

Il surrealismo si afferma intorno al 1930 diventando la principale corrente d’avanguardia a partire dalle premesse di Duchamp e Breton, con una forte componente catalana da parte dei pittori Dalì e Mirò e il regista Bunuel, ma vengono coinvolti anche altri artisti tra cui Picasso.

Comincia l’esplorazione dell’inconscio e della psicanalisi per creare suggestioni misteriose tra i confini del sogno e della realtà, sempre mantenendo uno sguardo attento nei confronti della situazione socio-politica che vede la salita al potere di Hitler. Al difficile momento storico si affiancano per esempio l’oscura Tempesta (1926) d’Yves Tanguy che esplora un orizzonte misterioso ed enigmatico, raffigurando una scena silenziosa e inquietante tra il sogno e l’incubo ma anche il Simbolo agnostico (1932) di Dalì dall’oscuro e imprevedibile significato.

Lo scoppio della seconda guerra mondiale

La mostra sulle Avanguardie si è chiusa con il 1940, nel pieno di un periodo storico critico per l’Europa: l’ascesa di Hitler e le leggi razziali, la guerra civile spagnola, l’espansionismo tedesco e giapponese…un tragico preludio che porta allo scoppio della seconda devastante guerra mondiale. L’arte risponde con la geometria rigorosa e i colori puri delle composizioni pittoriche di Piet Mondrian e con le semplici sculture di Hans Arp. 

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Le Avanguardie espressione di arte degenerata

Anche per le arti è un momento difficile in quanto i regimi guardano con sospetto alle avanguardie condannando l’astrattismo e l’arte degenerata, mentre molti artisti di religione ebraica raggiungono gli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni. La Crocifissione (1940) dipinta da Chagall inserita a conclusione della mostra mi ha lasciato veramente l’amaro in bocca.

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Un’opera di dimensioni contenute da un significato profondissimo e a mio parere attuale in quanto può essere letta e riletta in contesti diversi, in questo caso un’Europa crocifissa da una guerra devastante. Fino alla fine dell’esposizione sulle Avanguardie è tornato il tema del rapporto tra arte e storia, una conclusione davvero interessante per una mostra che è riuscita ad associare stili artistici molto diversi a periodi storici che lo sono stati altrettanto, sempre trovando come filo conduttore l’arte come ricerca, come evasione, come rifugio.

Hai mai avuto occasione di vedere qualcuna di queste opere? Hai mai visto qualche esposizione dedicata a una delle Avanguardie della prima metà del Novecento? Fammelo sapere nei commenti!

Author

Nata a Pisa nel 1990, nella stessa città mi sono laureata in Studi Internazionali e attualmente vivo, lavoro e ho sposato Dario. Amo i giochi da tavolo con gli amici, leggere, scrivere, cucinare piatti etnici, oltre che viaggiare, vicino e lontano: la mia più grande passione.

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